Buono il daiquiri al lampone.
Gradevolissima la scena, ieri sera, al bar dell'hotel Omm. Moooolto.
Posto piuttosto elegante, tre sconosciuti personaggi al nostro tavolo, evidentemente turbati e confusi dal sentore dell'arrivo di una precoce andropausa e resisi conto che non avrebbero avuto possibilità con le gnocche presenti nel locale (no, ovviamente non parlo di noi) neanche se fossero stati rinchiusi insieme in una navicella spaziale in maratona intorno al sistema solare, si sono dedicati a ringalluzzire lo stereotipo dell'italiano mattacchione (userò questo termine per non offendere la delicata sensibilità di qualcuno) con gesti e commenti udibili, presumo, nel raggio dell'intero isolato, che avrebbero con buone probabilità fatto arrossire un pulmino carico di scaricatori di porto in gita di piacere, ubriachi. Guest star, una sudamericana che deve, chissà come!, aver colto uno dei lusinghieri apprezzamenti e si è avvicinata minacciosa chiedendo se uno di loro fosse subnormale. In mezzo, io e la mia altrettanto sventurata amica che ci consultavamo su quale delle ipotesi ci convenisse tra l'alzarci drammaticamente e andarcene, dire alla ragazza "Sì! Non farci caso, è proprio subnormale, non ci badare fra poco li riportiamo in clinica" o ordinare direttamente una bottiglia di alcool 90° per lenire gli imbarazzi. I nostri.
Il caso benevolente ha voluto che dopo un sufficiente lasso di tempo se ne rotolassero via con le loro clave.
Spero vivamente che all'ingresso non si ricordino la mia faccia, o che per lo meno non la associno alla loro: vorrei tornarci, una qualche altra sera. Visto anche che la penultima volta che ci siamo stati è stato sbrodolato sull'immacolata moquette argentea mezzo bicchiere di daiquiri. Magari mi farò bionda, nel frattempo.